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Diario della raccolta delle olive 2015, parte seconda

Diario della raccolta delle olive 2015, parte seconda
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Ci vediamo al frantoio!!!

Quando si dice frantoio [che è una parola di derivazione latina e come è immaginabile significa romperefrantumare] non sempre si riesce a immaginare come è fatto davvero questo posto.

Per me che ci ho lavorato per diversi anni è un ambiente che conosco decisamente bene. Fra l’altro è il posto dove porto le mie olive per fare il mio olio: un frantoio che ha investito molte risorse per la qualità e per la eccellenza del prodotto, e ha vinto anche diversi premi.

Ma vorrei raccontare in modo semplice come si svolge tutto il percorso dentro il frantoio perché penso che siano molti quelli che non l’hanno mai visto e che non sanno com’è fatto.

Una vera cascata di olive!!!
Una vera cascata di olive!!!

Ultimamente quasi tutti i frantoi si sono dati tutti una rinfrescata di innovazione, perché qualche anno fa poteva capitare di entrare in posti che facevano paura. Sembravano degli antri dove il tempo si era fermato e le macchine stesse sembravano essere lì da tempi remoti. Per fortuna con l’inizio del millennio e con le norme imposte dalle Usl si è passati a strutture decisamente più accoglienti, più pulite, più sane.

Nel caso delle olive del mio marchio, per fare un piccolo flash back come al cinema, e volessimo vedere come hanno vissuto prima di arrivare qui … nelle colline di Settignano, Fiesole e Bagno a Ripoli … saremmo in qualche giorno di primavera quando sui rami giovani sono spuntati prima degli abbozzi di infiorescenza che si chiamano mignole che pochi giorni dopo diventano tanti piccoli fiorellini bianchi. Poi caduti i petali, si è formato, durante i mesi estivi, il frutto. E’ durante questo periodo che si determina la qualità dell’olio che uscirà dal frantoio. Se sarà un’estate siccitosa, se sarà un’estate piovosa, oppure con un clima fortemente variabile. E’ in questa fase che si forma il frutto – drupa- che prima è verdissimo, verde e poi maturo.

Poi alla fine di ottobre, in genere coincidente con la festività di Ognissanti (1° Novembre), inizia la raccolta. E’ questo un periodo in cui si sente la maggiore attività nelle olivete. Il rombare del compressore che alimenta le ‘manine’ per la raccolta. Le frasi di chi sia chiama da un albero ad un altro. Le indicazioni di chi stende i teli. O il parlare fitto-fitto di qualche brigata di parenti che si sono riuniti per raccogliere le olive.

Un rito antico, antichissimo. Di sicuro al tempo dei romani che usavano l’olio sia in cucina ma anche per la cura del corpo e come medicamento, a curarsi della raccolta delle olive erano gli schiavi che affollavano le case patrizie. Era impensabile per un patrizio romano impegnarsi in questo tipo di lavoro, visto che in generale – i romani dell’età imperiale – disprezzavano qualsiasi forma di lavoro manuale. Che al tempo lo facessero gli schiavi non v’è dubbio … perché ancora oggi, nonostante tutto l’aiuto che arriva da strumenti e innovazioni varie, c’è da farsi un gran ‘mazzo’, ve l’assicuro!

Un'ultima foto e poi via!
Un’ultima foto e poi via!

 

Ma torniamo alle nostre olive che abbiamo raccolto una ad una e messo nelle cassette rosse pronte per andare al frantoio. E’ infatti decisivo non far aspettare troppo alle olive prima della frangitura, perché questo porterebbe un danno all’olio. Il primo passaggio nel frantoio è la pulitura, per togliere rametti, foglie e pezzetti di legno che in genere finiscono nelle cassette. Dopo essere state lavate, le olive, vanno dentro una prima macchina, il frangitore, nel mio caso uno speciale frullatore a coltelli, che trasforma le olive in una ‘pasta’ integrale, nocciolino compreso.

Subito dopo arriva dentro la macchina chiamata gramolatrice, dove agisce una vite a movimento continuo, che gira riscaldando lievemente la ‘pasta’ – non sopra i 27° gradi – rimescolando e impastando di continuo, con l’obbiettivo di aggregare le piccole gocce di olio già presenti e di estrarre le componenti nobili dell’olio.

 

Gramolatrici verticali con temperatura e atmosfera controllata
Gramolatrici verticali con temperatura e atmosfera controllata

 

La temperatura è un fattore determinante nel mantenere le qualità organolettiche e nutritive dell’olio. Questa che ha come barriera i 27° gradi viene definita “spremitura a freddo“, se controllate bene sulle etichette degli oli extravergine di qualità troverete questa specifica. Controllate bene che l’olio acquistato sia stato fatto con questa procedura: è indispensabile per mantenere inalterate le qualità.

Dalla gramolatrice, la pasta ormai preparata, viene passata ad un altra importante macchina centrifuga, il decanter, che provvede alla separazione della componente solida dalla componente liquida. La parte più solida viene chiamata sansa e trova una molteplicità di usi nei diversi settori, sia come derivato sia come ingrediente per concimazioni o per alimenti animali. La parte liquida, in cui convivono parti di acqua e di olio, viene ulteriormente separata per diverso peso specifico. Ciò che rimane è l’olio, che così sgorga lentamente e va a riempire i contenitori per lo stoccaggio.

Il colore dell’olio EVO può assumere tonalità diverse: dal verde intenso al verde più pallido. Ogni olio, essendo una materia viva, un alimento completo, può assumere le colorazioni più svariate a seconda della composizione delle olive e del loro grado di maturazione alla raccolta.

L’olio può essere sia “grezzo” cioè con all’interno tutte le componenti in sospensione ancora presenti e che nel corso dell’anno andranno a formare un deposito sul fondo dal colore brunastro e dalla densità vischiosa. Oppure può essere “filtrato” e presentarsi libero dai residui più fini e dalle ultime particelle d’acqua, acquistando una migliore conservabilità.

Ci siamo l’olio è pronto. Ha fatto come ogni anno il suo giro. E voi che fate a questo punto? La regola vuole: chiamate un gruppo di amici ben assortiti, tagliate diverse fette di pane, abbrustolite leggermente, poi strusciate uno spicchio di aglio sulla parte più secca e oplà! Versate un abbondante filo d’olio sulle fette di pane. Lasciate che l’olio coli dai buchi del pane e finisca nel piatto. Mangiate con le mani. Alla fine si ripassa con il pane sull’olio rimasto nel fondo del piatto. Il piatto – è buona norma ma non sono sicuro che il Galateo di monsignor delle Casa lo preveda … he he he – deve tornare pulito e lustro come appena uscito di lavastoviglie … è il segno che l’olio è buono, che non deve andare sprecato, neppure una goccia.

 

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