Se mi chiamo SALTAPOGGIO ci sarà un perché?

Certo che c’è. Mi chiamo così perché girovago fra i campi sulle colline di Firenze e della Toscana alle ricerca della naturalità e delle cose genuine. E poteva mancare il miele nella mia produzione?

Se avete seguito i miei post precedenti avrete anche saputo che due miei amici carissimi, con cui ho fatto l’università di Agraria e tante altre cose che è meglio non raccontare qui, sono degli esperti mielaioli. Ed è anche grazie a loro che mi sono innamorato di questa arte.

Così, girovagando, ho iniziato a guardare dove, e come poter collocare le mie arnie per farne del miele SALTAPOGGIO. Così, per la produzione 2016, ho tenuto parte delle api a Fiesole, proprio nel mio campo sotto casa, da dove si vede tutta la valle del Mugnone, per ottenere il miele di Acacia, dolce e fluido come il nettare più prezioso. Quando le api vanno a giro, capitano in dei posti che nemmeno immaginiamo! Sopra di me, a poche decine di metri, sorgono ancora le mura etrusche che cingevano tutta Fiesole, prima della conquista romana. Blocchi di pietra scolpita che fanno davvero impressione.

Non lontano da me c’è il poggio di Monte Ceceri, dove nel 1506, avvenne un esperimento rivoluzionario: il collaudo della Macchina da Volo progettata da Leonardo da Vinci. Secondo questa leggenda il “pilota” Tommaso Masini da Peretola, detto Zoroastro, planò sul cielo di Firenze per oltre 1000 metri “proprio come un uccello”, atterrando bruscamente in località Camerata, situata tra Fiesole e Firenze.

Insomma, sono api istruite! Non le ho mica mandate in giro in un posto qualsiasi! Questo devo dirvelo però: secondo me le acacie di per sé non sarebbero nemmeno delle piante particolarmente affascinanti. Prima di apprezzarle per il miele che se ne può ricavare, le consideravo piante infestanti piuttosto bruttine e anche parecchio ignoranti con tutte le loro spine. Ma il miele che viene fuori dai loro fiorellini è così delicato, così fluido che quando lo assaggi sullo yogurt, o nel thè, o su una fetta di pane, sembra avere una consistenza quasi setosa.

Per ottenere altri tipi di miele è necessario spostare le api e per fare questo è necessario un trasferimento notturno o comunque alle prime luci dell’alba, per evitare che le api si disperdano e che soffrano il caldo tutte chiuse dentro le arnie.

Per il miele Millefiori volevo una postazione particolare, per godere di una varietà e di una fioritura il più vasta possibile. Così ho preferito utilizzare il mio campo di olivi a Bagno a Ripoli, ed è venuto fuori un miele millefiori assai equilibrato, dal gusto meravigliosamente armonico e pieno.

Per produrre il miele di Castagno ho spostato le mie api in altura, al passo della Futa, che sarebbe la vecchia strada di collegamento fra Firenze, il Mugello e l’ Emilia Romagna. Ho ricavato un miele davvero pregiato dal gusto gradevolmente amaro, molto caratteristico e puro, con un colore ambrato.

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Ho realizzato eleganti confezioni da 440 grammi per acacia, millefiori e castagno, e per ognuno ho inserito dei diversi colori per contraddistinguerli bene. E poi, sempre per regalo o per consumo ho fatto fare anche una confezione, a tiratura limitata, composta da un tris di vasetti da 180g di ogni tipo, per assaggiare tutti e tre i tipi di miele.

Ora che il miele è nei vasetti e le mie amate api stanno per risvegliarsi dalla fase invernale, le devo accudire e preparare per questo periodo delicato della primavera, per equilibrare le famiglie di api e difendersi dai loro nemici naturali, che non mancano …

Nel frattempo però, non mi sono fermato, anzi ho ricominciato a saltare di poggio in poggio per le potature degli olivi. L’anno passato la produzione di olio non è stata abbondante, anche se la qualità è rimasta eccellente. Chi fosse interessato è bene che si faccia avanti prima possibile, sono in tanti ad averlo già preso e le scorte si stanno assottigliando!.… L’inverno appena trascorso, con le sue basse temperature, mi fa sperare in un’annata con un clima più regolare, presupposto per una buona produzione… incrocio le dita!!!




Referendum: perché gli svizzeri l’hanno capito e noi no?

In questi giorni va di moda parlare di Referendum, SI, NO, FORSE … e già che ci siamo perché non allargare la visuale ad altri paesi? Qualche anno fa in Svizzera fu promosso un referendum per domandare ai cittadini se erano d’accordo di aumentare la tasse da destinare all’agricoltura di montagna. Perché una domanda del genere?

Eppure l’agricoltura in Svizzera è la seconda voce di spesa nel bilancio dello stato, seconda solo alla Difesa. La domanda rivolta ai cittadini svizzeri verteva su questo: se si vuol tutelare il paesaggio di montagna, e quindi anche l’integrità del territorio, la manutenzione di vallate e di alpeggi, è necessario che vi sia una agricoltura ed una pastorizia attiva. L’80 % degli elettori rispose di si.

Se l’agricoltura è davvero una fonte di occupazione e di reddito, questa non è solo una risorsa per chi ci deve vivere ma è anche una prospettiva di lavoro per i giovani ed è la garanzia della tutela e del mantenimento di un paesaggio.

Un terreno agricolo, un pascolo o una oliveta ci mettono pochissimo tempo a ritornare allo stato di selvaggio abbandono. Quello che succede in una strada di città abbandonata dai negozi non è dissimile da quello che capita nei terreni incolti: sporcizia, abbandono, bruttura e pericoli in agguato.

Dove c’è la mano dell’uomo, ed il paesaggio toscano ne è una vasta testimonianza, si può leggere l’impegno a mantenere vivo e sano tutto un habitat. Ci sono voluti migliaia di anni per addomesticare l’olivo e farne una pianta amica e simbolo di un rapporto stretto con l’uomo. Ma bastano pochi anni perché l’olivo ritorni al suo stato di cespuglio selvaggio, improduttivo e ostile.

Potature, diradamenti, taglio dell’erba, taglio delle ricrescite sono solo alcune delle attività che durante l’anno un buon olivante fa ai suoi terreni per renderli attivi e capaci di dare olio.

Ma se il sostegno all’agricoltura non arriva e, ancora peggio, non si puniscono truffe e si ammettono politiche di prezzo scorrette come si può pensare di tutelare il lavoro di chi lo fa seriamente e onestamente?

La Toscana in media produce 15 milioni di chili di olio, su una superficie di 91.000 ettari di oliveti, e quest’anno complice una stagione che ha visto un giugno particolarmente freddo e un periodo prolungato di siccità estiva, è stata penalizzata con rese mediamente inferiori del 30 e 40%.

A fronte di questo, le importazioni di olio di origine mediterranea sono invece schizzate alle stelle. A scanso di equivoci non abbiamo nulla contro l’olio comunitario ed la popolazione dei paesi del Mediterraneo. C’è qualcuno interessato a conoscere le condizioni di lavoro con cui è prodotto l’olio da quelle parti? Quanto vengono pagati i lavoratori? Volete sapere come arrivano le olive ai nostri frantoi dopo un viaggio in nave? Si perché in genere arrivano le olive e non olio, per trarre il massimo profitto da tutta la filiera di lavorazione.

Ma se da noi, chi fa olio evo, va al frantoio quasi ogni giorno? Se le olive non sono trattate e sono raccolte a mano, conferite in tempi brevi per avere la massimo restituzione dei valori nutritivi dell’olio? Potranno mai essere considerati lo stesso prodotto?

Potranno essere la stessa cosa? Perché si continua ad ingannare il consumatore mantenendo politiche di prezzo che sono le premesse per una catastrofe ambientale? Quando le politiche commerciali delle multinazionali avranno del tutto stroncato le piccole attività agricole cosa ne sarò del paesaggio delle colline toscane?

Per concludere è bene ricordare che fra le altre cose le istituzioni si fanno pagare profumatamente quando qualcuno usa negli spot o in televisione immagini di paesaggio toscano. Si certo. Se un americano vuol girare un film sulle colline toscane, e mostrare il nostro paesaggio inimitabile, è naturale che debba pagare una tassa, è giusto. Ma i soldi vanno all’agricoltore che da generazioni ha costruito muri a secco? Terrazze? Mantenuto e potato gli olivi? Dove vanno quei soldi? All’agricoltore? Manco per sogno.




Polpo alla Rossi? Sì, condito con olio extravergine di oliva!

Per noi di Saltapoggio, estate fa rima con maremmate – ovvero le scappatelle al mare-. Appena è possibile andiamo dalla nonna Nada a Grosseto e da là partiamo per divertenti escursioni marine. Il periodo più bello per la Maremma è sicuramente fine giugno e il nostro luogo del cuore sono le Marze. Poco distante da Castiglione della Pescaia, passata Marina di Grosseto, c’è questa bellissima spiaggia selvaggia, con i tipici tronchi sbiancati dal sole, il mare pulito e tanta pace.

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E mentre i bambini giocano con il babbo a costruire la tenda degli indiani, io ne approfitto per dedicarmi alla lettura. Ma la Maremma per noi non è soltanto mare, è la preziosa occasione per godere dell’affetto della nonna e per rivedere gli amici che vivono là. Ed è anche un’avventura gastronomica speciale. Quella terra offre una ricchezza di sapori, odori e tradizioni che non può lasciarti indifferente.

A Scansano, il paese originario della nonna Nada, ci vive Francesco Rossi, uno dei migliori amici di Edo. Anche lui è agronomo e condivide con mio marito la stessa passione per la terra, il vino e l’olio. Francesco lavora come consulente in diverse aziende del territorio e quando lo andiamo a trovare ci fa sempre assaggiare del buon vino locale. Intanto ringrazio Francesco e Maggie, la sua bellissima compagna, per la divertente serata.

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L’ultima volta che lo abbiamo incontrato ci ha preparato un fantastico polpo al pomodoro, battezzato in suo onore Polpo alla Rossi, talmente buono che non ho potuto non rifarlo. Dato che siamo in piena estate e che adoro la cipolla di Tropea, l’ho aggiunta alla ricetta, insieme al basilico del mio giardino.

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Ecco la ricetta per 4 persone:


Avrai bisogno di:

Come si fa:

Prendete una pentola capiente, riempitela di acqua e mettetela sul fuoco. Quando l’acqua bolle, immergete nella pentola il polpo e fatelo cuocere per circa 35 minuti da quando l’acqua ha ripreso a bollire.

Intanto tagliate i pomodorini e la cipolla e conditeli in una ciotola con sale e olio EVO. Quando il polpo sarà cotto scolatelo e lasciatelo raffreddare. Poi tagliatelo a fettine e unitelo ai pomodorini e alla cipolla. Condite con altro olio EVO e con una manciata di basilico.


Servitevene un’abbondante porzione e gustatela lentamente!

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Saltapoggio al Food Revolution Day a Fiesole!!!

Ieri è stata una giornata speciale. In occasione del Food Revolution Day, la Jamie Oliver Food Foundation in collaborazione con la scuola elementare di Fiesole, ha proposto “l’orto nel piatto”, un pomeriggio di giochi e attività legate al cibo per riportare i bambini ad un rapporto più diretto con la terra ed i suoi frutti commestibili.

La mia amica Claudia Guarducci, blogger di www.pandiramerino.it è stata l’ambasciatrice di questo evento.

Qualche tempo fa Claudia mi ha presentato il suo progetto, chiedendomi se fossi interessato a partecipare con il mio olio.

Ovviamente ho subito accettato ed ho deciso di organizzare per i bambini un simpatico laboratorio sull’olio extravergine di oliva: Laboratorio del gusto, scegli quello giusto.

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In questo pomeriggio festoso, nonostante il tempo piovoso, i bambini della scuola si sono divertiti ad imparare ad assaggiare l’olio, cercando di riconoscere con l’analisi gustativa i vari sentori positivi che un olio extravergine di qualità deve avere, confrontandolo ad un olio extravergine della grande distribuzione. Gli oli sono stati messi in due bicchierini anonimi che sono stai chiamati campione n°1 e campione n°2. Nessuno di loro sapeva quale olio fosse presente nel bicchierino.

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Beh, potrà sembrare incredibile, ma la maggior parte di loro è stata capace di riconoscere quale fosse l’olio di qualità proposto (per fortuna), spingendosi anche nel riconoscere un sentore di carciofo e di mandorle.

Alcuni invece, non abituati ad usare l’olio extravergine a casa, l’hanno definito troppo piccante o amaro.

In ogni caso sono stati bravissimi, molto attenti e golosi nel mangiare la fetta di pane inzuppata nel nostro olio.

Davvero una bella esperienza, da ripetere presto in altre scuole!

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Pasqua, Frasche e Tagliolini

 

Fra pochi giorni sarà Pasqua. Qui a casa Saltapoggio stiamo  preparando un coloratissimo … albero della Pasqua!

E’ il periodo della potatura primaverile e le frasche di olivo non ci mancano davvero (le frasche da queste parti sono i rami). Edo ne ha portata a casa una bellissima, che  io ed i bambini abbiamo addobbato. Quella dell’albero pasquale è una tradizione antica, probabilmente del medioevo, dei paesi nordici. Io l’ho scoperta tanti anni fa a Praga. Oggi alla vecchia usanza pagana di addobbare rami secchi con uova e fiori freschi in segno di rinascita, si è sovrapposta quella cristiana.
La tradizione prevede di usare vere uova, a cui si è tolto con un piccolo foro il tuorlo e l’albume. Si colorano vivacemente e poi si appendono. Dovete stare attenti a maneggiarle perché sono delicate. I miei bambini per le decorazioni, oltre ai classici ovetti di legno o di carta hanno aggiunto quelle trovate da Tiger a forma di pulcino, uovo, coniglietto.
Ecco il nostro albero, bello vero?
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Ogni giorno, da qui al 27 marzo, viene salutato con una bella x sul calendario … la sorpresa dell’uovo di Pasqua crea sempre grandi aspettative … mentre noi, donne di famiglia, abbiamo già pensato a cosa preparare per il pranzo. Sono occasioni in cui al piacere del rispetto della tradizione si unisce anche il desiderio di preparare qualcosa di nuovo.
Così ho pensato a questo gustoso primo piatto: tagliolini, limone e olio.
La ricetta mi è stata tramandata da mia suocera, Nada, una bravissima cuoca. Nada è nata e cresciuta in un podere a Scansano in provincia di Grosseto. I suoi genitori erano contadini e lei, penultima di 5 figli, era addetta ai lavori di casa.
Ha imparato a cucinare fin da piccola i piatti della tradizione maremmana, semplici genuini e buonissimi.
La sua specialità è la pasta fresca fatta a mano: tortelli, lasagne, tagliolini, spaghetti alla chitarra … avete già l’acquolina? Beh, io si! I tagliolini al limone e olio hanno dei colori che si sposano benissimo con la primavera, e mangiati durante una bella giornata di sole, magari in giardino, con un buon bicchiere di vino bianco…ci avvicinano alla felicità.
Ecco la sua ricetta per 4 persone:

Avrai bisogno di:
  • 1 cipolla bianca piccola
  • 200 g prosciutto cotto italiano alta qualità
  • 1 carota piccola
  • 250 ml panna fresca
  • 1 limone biologico (dei limoni in giardino)
  • q.b. olio extravergine di oliva alta qualità
  • 400 g tagliolini freschi

Come si fa:

 In un tegame mettete un po’ di olio, la cipolla e la carota, tagliate finemente e fate cuocere con il coperchio. Aggiungete poi il prosciutto cotto tagliato a dadini e lasciate cuocere per altri 5 minuti, aggiungete poi il limone spremuto e metà della buccia grattugiata. Poi frullate il tutto, avendo l’accortezza di lasciare qualche pezzetto intero di prosciutto cotto ed infine aggiungete la panna. Cuocete i tagliolini in abbondante acqua salata per il tempo di cottura necessario e poi versate nella padella e condite con il sugo precedentemente cucinato. Passate un ultimo  filo di olio sopra.

 Servitevene un’abbondante porzione e … buon appetito! e buona Pasqua!
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Olio tunisino: problema reale o fenomeno mediatico?

La notizia dell’olio tunisino è ormai di moda, e come tutte le mode la si ritrova declinata in tutte le salse. Questo credo che ormai lo abbiamo capito tutti e cioè che per costruire la notizia c’è bisogno di creare un ‘clima da caccia alle streghe’ che permetta di dare valore ed ascolto alla notizia stessa. Bene: la notizia qual è? La Comunità Europea ha stabilito di innalzare l’import di Olio dalla Tunisia di 35mila tonnellate in più, sia per il 2016, che per il 2017.

In Italia il consumo è di 600mila tonnellate, l’ export è di 400mila, quindi il fabbisogno si attesta sul milione di tonnellate. Ne produciamo tra le 300mila e le 350mila, e stiamo diminuendo perché non ne piantiamo, quelli che abbiamo li curiamo poco, e magari li abbattiamo per farne villette.

Il fatto che ha creato tutto questo scalpore e che rischia di far dimenticare il resto è che noi, in Italia già importiamo massicciamente olio dalla Spagna e dalla Grecia, oltre che dalla Tunisia. Forse il consumatore può non essersene accorto, ma i nostri produttori e distributori lo sanno benissimo!

Verità e peccato. Se, come vi abbiamo consigliato molte volte, avete provato a sbirciare sull’etichetta dell’olio comprato e vi è capitato di leggere “misciela di oli di oliva comunitari” : vi sarete domandati, ma quest’olio da dove viene? In questa manciata di parole c’è la verità: prima di tutto è una “misciela” e poi proverrà da paesi mediterranei “ comunitari” …

Come diceva un politico del secolo passato, a pensare male si fa peccato ma spesso si va vicini alla verità. Eh! Già. Perché questo è quello che di fatto è scritto a norma di legge sull’etichetta e quindi sotto gli occhi di tutti. Perché poi ci stanno le frodi: quelli cioè che ti vendono un prodotto italiano e che invece tanto italiano non è. D’altra parte l’Italia è un paese che consuma molto più olio di quello che produce, ma riesce a fa diventare ‘olio italiano’ moltissimo olio che va nel mondo. Se non è un ‘miracolo italiano’ questo … poco ci manca!

Se uno vuole, sa dove guardare. Ma lasciamo stare le frodi! Non voglio neanche essere prevenuto e giudicare a priori quello che sarà il percorso fino al consumatore e la qualità di questo olio, abbiamo tutti gli strumenti per accertare la sua qualità e salubrità, se vogliamo. Basterebbe rendere normativo l’uso di evidenziare in etichetta le informazioni necessarie, dalle tipologie di cultivar usate ai metodi di raccolta e lavorazione, per permettere ai consumatori di capire la provenienza dell’olio. Non serve tanto demonizzare qualcuno quanto permettere a tutti di sapere cosa compra.

Export. In Italia si produce molto olio extravergine di oliva, ma parte di questo è venduta fuori dai nostri confini, tanto che siamo costretti ad importarlo per soddisfare le esigenze interne: vi sembra strano? Se il mercato ha realizzato questo tipo di convenienza è perché c’è un beneficio per chi opera massicciamente nell’export. D’altra parte uno dei brand che maggiormente fanno da traino nella nostra economia è proprio l’agroalimentare. Quindi è evidente che a qualcuno fa comodo.

Sviluppo. Il problema principale è che la politica italiana dovrebbe stimolare maggiormente lo sviluppo del settore dell’ olivicoltura. Come tutti i settori economici se non ci sono investimenti e ricerca, il comparto nel corso del tempo perde in efficienza e produttività.

 

 

Consum-attore. Non dobbiamo lasciare che siano gli altri a decidere per noi, abbiamo un ruolo importante in tutto questo: siamo noi i consumatori, anzi i consum-attori! Abbiamo il potere di scegliere l’olio buono e a contestare l’olio difettoso. Dobbiamo imparare a riconoscerlo. Passare dall’abitudine alla cultura dell’olio extravergine di oliva, apprezzarne le molteplici qualità alimentari, salutistiche e di abbinamento ai nostri piatti.
Questo significa saper riconoscere un olio extravergine (che per essere degno di questo nome mai e poi mai non dovrebbe essere difettoso):

  • leggere bene sull’etichetta per sapere se l’olio è italiano
  • dove è stato prodotto e confezionato
  • la sua data di scadenza
  • l’anno di raccolta delle olive.

Produrre qualità costa. Se vogliamo salvaguardare anche la tradizione del nostro paesaggio. Se vogliamo mantenere oliveti a volte centenari. Se vogliamo che i criteri siano certificati: le cure colturali, dalla potatura alla raccolta, sono enormi. E’ evidente che il prezzo di vendita racchiude in sé tutti i sacrifici e gli investimenti che il singolo produttore ha dovuto affrontare per ottenere quel prezioso nettare. Scegliere prodotti a basso costo facilmente ci porta a consumare prodotti di scarsa qualità. Dobbiamo investire su di noi e sulla nostra salute, perché l’olio italiano è buono e fa bene, ma deve essere di alta qualità per esprimere al meglio le sue caratteristiche uniche.

Anch’io in tv. Sull’onda di questo improvviso interesse che la notizia della apertura della U.E. all’olio tunisino ha suscitato sui giornali e tv. Ecco una porzione della mia intervista che è andata in onda su LA7 il 14 Marzo nella trasmissione “L’aria che tira” condotta da Myrta Merlino.

http://www.la7.it/laria-che-tira/video/il-produttore-di-olio-bio-contro-lue-14-03-2016-177541

Buon olio a tutti.

 




Tutti i gusti son gusti … purché l’olio extravergine di oliva sia di quelli giusti!

Post della Domenica nella macchina del tempo… e se io fossi Edo, ma di duemila anni fa? Cioè se il mio olio EVO Saltapoggio a quel tempo si fosse chiamato Thoras Laneus Collibus? (Ci avrò azzeccato con la traduzione?) E se invece di avere Renzi come presidente del Consiglio avessi avuto Tiberio come imperatore?

Chissà come sarebbe stata la faccenda …. Di sicuro vi avrei voluto, in questa Domenica piovosa, tutti invitati a casa mia. E qui vi avrei servito una cena sontuosa. Tanto per cominciare, dietro ognuno di voi seduti a tavola ci sarebbe stato un servo pronto ad aiutarvi in qualsiasi azione, versare vino, servire a tavola … e poi avrei chiesto un po’ di attenzione …

 

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… silenzio prego … silentium … avrei da farvi assaggiare il mio olio prelibato … prima di tutto il top di gamma, l’oleum ex albis ulivis, il più pregiato, ottenuto da olive verdi raccolte a mano, ve lo consiglio per condire le verdure e le insalate, ma è speciale su tutte le pietanze, versatene abbondante per poterlo gustare e assaggiare. Com’è? Optimo! Perfetto.

E ora assaggiate questo mio oleum viride, cioè verde, anche questo ottenuto da olive ancora verdi, usato per cucinare. Ma se qualcuno dal palato e dai gusti più esigenti me lo chiede ecco l’oleum maturum, di sapore diverso è indicato per abbinamenti con cibi cotti, e l’ho ottenuto da olive già mature.

Poi ne ho altri cinque tipi in dispensa ma non sono adatti al vostro palato. Alcuni, quelli più scadenti, li uso per accendere le lampade o per riscaldarmi il corpo in inverno quando mi faccio i massaggi.

Mentre la cena va avanti ci sarebbe stato di sicuro qualcuno, qualche amico buontempone, che per farmi uno scherzo viene a dirmi che ha assaggiato l’olio verde di Venafro, o quello di Liburnia che viene dall’Istria e mi avrebbe detto che sono migliori del mio …. Faccio finta di arrabbiarmi, lo so che mi vogliono sempre punzecchiare perché dico che il mio è l’olio migliore di tutto l’impero romano …

E c’è sempre qualcuno che riporta un po’ di gossip … che dice ma lo sai tizius e caius … ecco allora servita fresca fresca la notizia che ha riportato Apicio nelle sue cronache: c’è qualcuno (ma l’hanno preso) che vende l’olio comprato in Spagna facendolo passare (e pagare) come olio dei suoi oliveti! … e ci risiamo!.. ma perché il mondo gira e rigira ma passa sempre negli stessi posti?

Eh… eh… eh … che dite sto sognando o sono gli effetti di un pasto abbondante? Non so come mi sarei comportato se in qualche vita precedente fossi stato davvero latifondista in qualche zona della maremma toscana … latifondista? Mah! Di sicuro avrei avuto a che fare con l’olio. Anche perché nel mondo romano non si usava altro condimento per cucinare, ed era protagonista in tavola ieri come oggi.

 

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Così come non è cambiata l’idea di come l’olio si possa accostare agli alimenti sia per assecondare sia per contrastare, cioè al fin fine: tutti i gusti son gusti … purché l’olio sia di quelli giusti! E a tavola duemila anni dopo ha sempre un ruolo da protagonista, per condire e per stare bene.

Buona Domenica, e mi raccomando condite bene!




BUON SAN VALENTINO in OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA

Si dice che a San Valentino un torta d’amore viene più buona con l’olio EVO Saltapoggio!

E così vi postiamo una fantastica ricetta che ci ha dato Enrico, per festeggiare un San Valentino gustosissimo!

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Avrai bisogno di:

  • Farina 300 gr
  • zucchero 250 gr
  • 2 uova
  • 1 e bicchiere e 1/2 di latte
  • 2 tazzine di olio extravergine di oliva
  • 1 bustina di lievito
  • 250 gr panna fresca da montare
  • zucchero a velo
  • cacao in polvere

Come si fa:

Prendete una ciotola e rompete le uova, unite lo zucchero e sbattetele energicamente finchè non saranno montate. Aggiungete il latte e setacciate la farina, infine aggiungete l’olio e mescolate finchè non otterrete un composto omogeneo. Aggiungete il lievito ed infornate a 180°, per 35 minuti circa e finchè la prova dello stecchino non ve lo renderà asciutto.

Lasciate raffreddare la torta. Intanto montate la panna aggiungendo due cucchiai di zucchero a velo.

Tagliate la torta a metà e farcitela con la panna.

Infine decoratela con del cacao in polvere.


Servitevene un’abbondante porzione e gustatela lentamente!

E tu cosa hai preparato con l’olio extravergine di così gustoso? Scrivici e pubblicheremo la tua ricetta!

Buon San Valentino!




Sacher Torte? Con l’olio extravergine di oliva, ovviamente …

 

Cosa si fa un pomeriggio di pioggia, dopo la scuola? Quando la nostalgia per le vacanze finite serpeggia sia nello spirito che nello stomaco? Ma sì, cuciniamo il nostro dolce preferito: “La Sacher Torte”.

Il mio piccolo uomo ha scoperto questa meraviglia quest’estate a Vienna. Ci siamo messi d’impegno e abbiamo provato diverse pasticcerie, ovviamente non ci siamo fatti mancare quella originale prodotta dal Sacher Hotel. La più buona? La bontà dipende anche dalla situazione in cui ci troviamo ad assaggiare una cosa… volete mettere una bella giornata di sole, 3 ore di sci sulle gambe, le guance rosse dal freddo e una fetta di torta davanti? Sicuramente una gustosissima ricompensa! Insomma la Sacher ormai non ci abbandona più…

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Quando andiamo al rifugio???

 

E pensare che, come spesso accade per le grandi invenzioni, questa torta è nata casualmente, dalle mani di un giovane apprendista cuoco, Franz Sacher. Una sera, era il 1832, alla corte del Principe Metternich a Vienna era prevista un’ importante cena e il capo cuoco si ammalò.

Che fare? L’allora sedicenne Franz dovette arrangiarsi a preparare da solo il dessert, e decise di lanciarsi in una torta al cioccolato, speziata, farcita di marmellata di albicocche e ricoperta con una ricca glassa. Gli ospiti del potente cancelliere austriaco rimasero così estasiati da tale golosità, che battezzata con il nome del suo creatore, la fecero diventare presenza indispensabile sulle ricche tavole dell’alta società europea. Poteva mancare sulla nostra?

Oggi, anche se la ricetta originale è custodita gelosamente dagli eredi di Franz Sacher, sono state elaborate moltissime varianti della torta. E così io e il mio piccolo chef  abbiamo creato la nostra … e mettiamo in conto che l’idea del dolce è stata una scelta improvvisa: che le uova in frigo erano tre invece di sei…. che la cioccolata a disposizione era soltanto 200gr,…..e che preferiamo l’olio al burro, ormai lo sapete, vero? E quale ricetta meglio si adatta a tutte queste congiunture?

Vi svelerò il mio ever green…. ovvero la ricetta della torta alla yogurt, camuffata da Sacher. Mettiamoci, inoltre, che allo chef  piace molto di più la marmellata di fragoline di bosco che quella di albicocche…….Insomma Franz Sacher non ce ne voglia, ma noi abbiamo creato la nostra Original Sacher Torte….


Avrai bisogno di:

3 uova

100 gr cioccolato fondente

1 vasetto yogurt

2 vasetti di zucchero (usate il vasetto di yogurt come dosatore)

3 vasetti di farina

1 bustina di lievito

per la farcitura:

1 cucchiaio di miele

100 gr cioccolato fondente

1 barattolo di marmellata

Come si fa:

La preparazione della torta è piuttosto semplice: rompere le uova, aggiungere lo yogurt, riempire il vasetto 2 volte con lo zucchero e montare il composto. Aggiungere poi 3 vasetti riempiti con la farina, ed unirla al composto setacciandola. Unire anche mezzo vasetto di olio. Sciogliere a parte a bagnomaria il cioccolato e poi aggiungerlo al resto dell’impasto. Infine unire lentamente la bustina magica: il lievito.

Difficile resistere alla tentazione di mangiare la marmellata a cucchiaiate!!!
Difficile resistere alla tentazione di mangiare la marmellata a cucchiaiate!!!

 

Versare il composto in una teglia e farlo cuocere in forno per circa 30 minuti a 180°. Una volta cotta, tagliarla in due formando due strati. Spalmare su entrambe le parti superiori di marmellata e ricomporre la torta. Sciogliete il cioccolato con il miele e ricoprite la torta.

 


 

Prendetene una bella  porzione e gustatela lentamente! E non dimenticate che questa è anche più sana: c’è l’olio extravergine di oliva!

 

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La felicità in una goccia d’olio… naturalmente extravergine!

 

 

Questa storia, lo scrittore Paulo Coelho, dice di averla sentita mentre andava in auto. E’ diventata una scena importante di un suo famoso libro ‘L’Alchimista’.

E’ un esempio di come nella nostra vita siamo sempre alla ricerca dell’equilibrio tra il rigore e la compassione. Ci sembra di vivere due vite contemporaneamente. In una siamo costretti a fare ciò che non vogliamo, a lottare per ideali ai quali non crediamo. Ma c’è un’altra vita, che scopriamo nei sogni, nelle letture e negli incontri con persone speciali.

Ma la vita è una sola: è importante che i sogni entrino a far parte della vita quotidiana e che il rigore e la disciplina aiutino a far raggiungere i sogni … il segreto della felicità è nel raggiungere l’equilibrio fra Rigore e Misericordia, come dimostra questa antica leggenda.

Un mercante inviò suo figlio a imparare il Segreto della Felicità dal piú saggio di tutti gli uomini. Il ragazzo camminò per quaranta giorni nel deserto, finché giunse a un bel castello, in cima a una montagna. Là viveva il Saggio che il ragazzo cercava.

Invece di incontrare un sant’uomo, però, il nostro eroe entrò in una sala e vide un’attività frenetica: mercanti che entravano e uscivano, persone che chiacchieravano in tutti gli angoli, una piccola orchestra che suonava dolci melodie; e poi c’era una ricca tavola imbandita con i piú deliziosi piatti di quella regione del mondo.

Il Saggio conversava con tutti, e il ragazzo dovette aspettare due ore perché arrivasse il suo turno di essere ricevuto.

Con molta pazienza, il Saggio ascoltò attentamente il motivo della visita del ragazzo, ma gli disse che in quel momento non aveva tempo per spiegargli il Segreto della Felicità.

Gli suggerí di fare una passeggiata nel suo palazzo e di tornare dopo due ore.

– Però desidero chiederti un favore – concluse, consegnando al ragazzo un cucchiaino da té, nel quale versò due gocce di olio. – Mentre camminerai, porta questo cucchiaino senza versare l’olio.

Il ragazzo cominciò a salire e scendere le scalinate del palazzo, tenendo sempre gli occhi fissi sul cucchiaino. Trascorse le due ore, tornò al cospetto del Saggio.

– Allora – domandò il Saggio – hai visto gli arazzi di Persia che si trovano nella mia sala da pranzo? Hai visto il giardino che il Maestro dei Giardinieri ha impiegato dieci anni a creare? Hai notato le belle pergamene della mia biblioteca?

Il ragazzo, vergognandosi, confessò di non avere visto nulla. La sua unica preoccupazione era non rovesciare le gocce di olio che il Saggio gli aveva affidato.

– Allora torna indietro e conosci le meraviglie del mio mondo – disse il Saggio. – Non puoi confidare in un uomo se non conosci la sua casa.

Adesso piú tranquillo, il ragazzo prese il cucchiaino e tornò a passeggiare per il palazzo, questa volta prestando attenzione a tutte le opere d’arte che pendevano dal soffitto e dalle pareti. Ammirò i giardini, le montagne circostanti, la delicatezza dei fiori, la raffinatezza con cui ogni opera d’arte era collocata al giusto posto. Di ritorno al cospetto del Saggio, riferí dettagliatamente tutto ciò che aveva visto.

– Ma dove sono le due gocce di olio che ti ho affidato? – domandò il Saggio.

Guardando il cucchiaino, il ragazzo si rese conto che le aveva versate.

– Ebbene, questo è l’unico consiglio che ho da darti – disse il piú Saggio dei Saggi. – Il segreto della felicità sta nel guardare tutte le meraviglie del mondo e non dimenticarsi mai delle due gocce di olio nel cucchiaino.

 

Auguri di un Felice Natale da Saltapoggio!!!